Buio a mezzogiorno (Mondadori) by Arthur Koestler

Buio a mezzogiorno (Mondadori) by Arthur Koestler

autore:Arthur Koestler [Koestler, Arthur]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2020-05-16T16:00:00+00:00


CAPITOLO VI

IL GIORNO prima che il termine fissato da Ivanov spirasse, Rubasciov, quando gli fu portato il pranzo, ebbe la sensazione che ci fosse qualcosa d’insolito nell’aria. Non avrebbe saputo dire il perché; il cibo era distribuito secondo il sistema abituale, il melanconico squillo della tromba risuonava alle ore prescritte, e tuttavia sembrava a Rubasciov che ci fosse una tensione insolita nell’atmosfera. Forse uno dei guardiani lo aveva guardato un po’ piú espressivamente del solito; forse la voce del vecchio carceriere aveva avuto una sfumatura bizzarra. Rubasciov non avrebbe saputo dirlo, ma non gli riuscí di lavorare; sentiva la tensione dei nervi, come i malati di reumatismi sentono l’avvicinarsi del temporale.

Dopo che le ultime note del “silenzio” si furono spente, Rubasciov spiò nel corridoio; le lampadine elettriche, per la scarsità della corrente, ardevano fioche, riflettendo la loro luce rossastra sulle mattonelle del pavimento; il silenzio del corridoio sembrava piú definitivo e disperato che mai. Rubasciov si coricò, si levò di nuovo, si costrinse a scrivere qualche riga, spense il mozzicone della sigaretta, e ne accese subito un’altra. Guardò nel cortile: la neve, semidisciolta, s’andava trasformando in una molle fanghiglia e il cielo era tutto coperto; sul bastione di fronte, la sentinella col moschetto andava lentamente avanti e indietro. Rubasciov andò ancora una volta a spiare nel corridoio: silenzio, desolazione e luce elettrica.

Contro il suo solito e nonostante l’ora tarda, cominciò una conversazione col 402.

«Dormite?» batté.

Per un istante non ci fu risposta e Rubasciov attese con un senso di delusione. Quindi la risposta venne, piú pacata e lenta del solito.

«No. Lo sentite anche voi?»

«Sento… Che cosa?» chiese Rubasciov. Respirava pesantemente; era coricato sul lettuccio e batteva col pince-nez.

Il 402 esitò ancora. Infine batté cosí sommessamente da dar l’impressione che parlasse a voce bassissima:

«È meglio che dormiate…»

Rubasciov era sempre coricato sul lettuccio e si seccò che il 402 gli parlasse con un tono cosí paterno. Restò supino, al buio, guardò il pince-nez, ch’egli teneva contro il muro nella mano levata a mezzo. Il silenzio, fuori, era cosí compatto che lo sentiva pulsargli nelle tempie. Bruscamente il muro convogliò altri battiti:

«Strano che lo abbiate sentito subito…»

«Sentito che? Spiegatevi!» batté Rubasciov, levandosi a sedere.

Il 402 parve riflettere. Dopo una breve esitazione trasmise:

«Questa notte si decidono dissidi politici…»

Rubasciov capí immediatamente. Si sedette con le spalle contro il muro, al buio, e restò immobile in attesa di sentire di piú. Ma il 402 non disse altro. Dopo un po’ Rubasciov batté:

«Esecuzioni?»

«Sí» rispose il 402, laconico.

«Come lo sapete?»

«Da Labbro Leporino.»

«A che ora?»

«Non so.» E dopo una pausa: «Tra poco».

«Sapete i nomi?» chiese Rubasciov.

«No.» E dopo un’altra pausa: «Dei vostri. Divergenze politiche».

Rubasciov si coricò ancora e attese. Dopo qualche minuto si rimise gli occhiali e restò completamente immobile, un braccio sotto il capo. Dall’esterno non giungeva alcun suono. Ogni moto, nell’edificio, s’era come rattratto, raggelato nel buio.

Rubasciov non aveva mai assistito ad un’esecuzione, meno che, quasi, alla sua; ma questo era avvenuto durante la Guerra civile. Non poteva immaginarsi come la stessa potesse apparire in normali circostanze, come elemento di un normale trantran.



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